programma oltreconfine 2023

leggi il programma completo del festival

gli ospiti
e gli appuntamenti

mercoledì 12 aprile · ORE 21,00
costa volpino · cinema iride · via torrione

ferdinando
scianna

Fotografia da leggere

Modera Mosé Franchi

in collaborazione con:
Ferdinando Scianna, nasce a Bagheria, in Sicilia nel 1943. Compie all’Università di Palermo studi, interrotti, di Lettere e Filosofia. Proprio nella sua città inizia a dedicarsi alla fotografia ancora giovanissimo, raccontando per immagini la cultura e le tradizioni della sua terra d’origine. Nel 1963 incontra Leonardo Sciascia con il quale pubblica, a ventun’anni, il primo dei numerosi libri fatti poi insieme: Feste religiose in Sicilia, che ottiene il prestigioso premio Nadar. Si trasferisce a Milano dove nel 1967 lavora per il settimanale L’Europeo come fotoreporter, inviato speciale, poi corrispondente da Parigi dove vive per dieci anni. Proprio nella capitale francese, il suo lavoro viene particolarmente apprezzato da Henri Cartier-Bresson, che nel 1982 lo inviterà a prendere parte nell’agenzia Magnum, primo italiano della storia. Dal 1987 alterna al reportage e al ritratto, la fotografia di moda e di pubblicità, con successo internazionale. Svolge anche, da anni, un’attività critica giornalistica che gli ha fatto pubblicare numerosissimi articoli in Italia e Francia su temi relativi alla fotografia e alla comunicazione con immagini. Le fotografie di Ferdinando Scianna, rigorosamente in bianco e nero ed in luce naturale, sono facilmente riconoscibili sia per temi che per stile. Vive della profondità di un racconto, poiché nascono dall’esigenza di raccontare e non solo mostrare il teatro dell’esistenza in cui tutti siamo partecipi, il fluire della storia e dei destini. Il lungo percorso artistico di Ferdinando Scianna si snoda attraverso tematiche quali la guerra, i frammenti di viaggio, le esperienze mistiche, i ritratti e la religiosità popolare, legate da un unico filo conduttore: la costante ricerca di una forma nel caos della vita.

giovedì 20 aprile · ore 21,00
capo di ponte · auditorium città della cultura · via g. marconi, 7

marco
missiroli

Avere tutto

Modera Stefano Malosso

in collaborazione con:
Dove vorresti essere con un milione di euro in più e parecchi anni in meno? Un figlio, il ritorno a casa, la partita finale con la sua famiglia. E quell'ossessione che lo muove da sempre: la vita non è avere di più, è rischiare per avere tutto. I gabbiani a Rimini non urlano mai. In nessuna stagione dell’anno, neanche quando Sandro torna a casa dopo aver vissuto a Milano, e trova suo padre con la testa sempre più dura. Da giovane Nando Pagliarani aveva il torace da nuotatore e un destino interrotto. Ha lavorato sui bus turistici, fatto il ferroviere, posseduto il bar America, ma l’unica voce che dovrebbe esserci sul suo documento d’identità è: ballerino. Perché lui e sua moglie hanno ballato come diavoli, in tutte le competizioni della riviera romagnola. Ballavano per vincere. Anche a Sandro piace vincere, è una malattia di famiglia. Ma la sua danza è pericolosa. Le prime volte al tavolo da gioco era lui il tizio da spennare, poi è diventato lo sbarbato da tenere d’occhio. Quel che è certo è che prima aveva un lavoro stabile e programmava con Giulia un futuro. E adesso? Cos’è rimasto a Sandro, che voleva avere tutto? Cosa rimane a ciascuno di noi, ogni volta che sfidiamo la fortuna? Dopo romanzi come Senza coda (Premio Campiello Opera Prima), Bianco (Premio Comisso), Atti osceni in luogo privato (Premio SuperMondello) e Fedeltà (Premio Strega Giovani), con Avere tutto (Einaudi) Marco Missiroli firma il suo romanzo più potente e maturo, raccontando la febbre di un giovane uomo pieno di slanci e difetti, di una città di provincia che vive alla grande solo una stagione all’anno, di una famiglia arsa dall’amore e dalla smania: un’opera tesissima e profonda sulle passioni che ci rendono vivi, sugli amori mai dimenticati, su chi scrive il proprio destino dando fuoco all'anima. Sui padri e le loro eredità nascoste.

sabato 29 aprile · ore 21,00
borno · sala congressi · piazza caduti, 2

vera
gheno

Parole d'altro genere.
come le scrittrici hanno cambiato il mondo

Modera Nadia Busato

Per secoli le donne hanno nascosto le proprie parole dietro a pseudonimi o non le hanno pubblicate affatto, affidandole ai posteri. Lo testimonia la presenza delle scrittrici nelle antologie scolastiche di oggi, ridotta, per dirla coi codici cromatici cari alla tradizione, a una sfumatura rosa su un cielo tutto azzurro. Lo abbiamo considerato naturale, magari anche giusto (non sarà che le donne scrivono peggio degli uomini?), eppure, se guardiamo sotto il pelo dell’acqua, scopriamo che il sommerso, ovvero le parole che le donne non hanno mai smesso di scrivere, ha cambiato il mondo, con la bellezza dirompente della letteratura. La raccolta Parole d’altro genere (BUR Rizzoli) ci racconta queste parole attraverso le pagine affilate e sublimi delle donne che nella storia hanno fatto sentire la loro voce. Scopriamo così che l’indipendenza delle amazzoni di Christine de Pizan è, già nel XV secolo, così profonda da portarle a bandire gli uomini dalla propria terra; impariamo da Lady Mary Wortley Montagu che l’esplorazione per una donna del Settecento ha significato allargare il proprio orizzonte fino a introdurre pratiche rivoluzionarie come la vaiolizzazione nella medicina occidentale; ci lasciamo sedurre dall’idea assolutamente contemporanea che Virginia Woolf ha del genere come qualcosa di non immutabile, al punto che il suo Orlando si sveglia trasformato in donna senza alcun turbamento. Con una selezione originale e unica di testi – che parte da Saffo e passa per Zelda Fitzgerald, Margaret Mitchell e molte altre Vera Gheno, sociolinguista e saggista, costruisce un dizionario invisibile che attraversa epoche, continenti e generi (non solo letterari), e ci guida in un viaggio nella cosiddetta scrittura femminile. Per scoprire come le donne hanno contribuito a trasformare il modo in cui pensiamo, e si sono guadagnate sul campo il loro posto tra i classici.

martedì 2 maggio · ore 21,00
Gianico · Teatro Parrocchiale · via roma, 28

andrea
tarabbia

il continente bianco.
quando un paese danza sull'abisso

Modera Stefano Malosso

Venticinque anni, bello come un Cristo e convinto che l’unica via per sopravvivere nel mondo sia un odio esercitato con calma e raziocinio, Marcello Croce è a capo di un movimento di estrema destra che annovera picchiatori, fanatici, ma anche teorici e figure dai tratti quasi metafisici – tutte accomunate dal fatto che, per loro, vivere è come trovarsi in guerra. Grazie anche alla connivenza con certi rappresentanti politici e alla condiscendenza con cui l’opinione pubblica, ormai, guarda a molti fenomeni legati al neofascismo, Croce porta avanti la sua idea di sovversione e, nel frattempo, frequenta Silvia, una donna della borghesia romana con la quale instaura un gioco di potere che li porterà alla perdizione. La vicenda è ricostruita da un narratore misteriosamente attratto da Marcello e curioso di capire che cosa muova coloro che, oggi, credono in un’idea superata e violenta e la vogliono attuare. Ma c’è di più. La storia di Silvia e della sua caduta era già stata raccontata nello splendido romanzo, rimasto allo stato grezzo, che Goffredo Parise scrisse alla fine degli anni Settanta, L’odore del sangue. Riprendendone temi e motivi, Il Continente bianco di Andrea Tarabbia (Bollati Boringhieri, proposta premio Strega 2023) sposta la vicenda ai giorni nostri, conservando nel rapporto morboso tra Silvia e Marcello la metafora potente del fascino che certe idee hanno esercitato, e continuano pericolosamente ad esercitare, sulla borghesia italiana. Andrea Tarabbia, apprezzatissimo autore di Madrigale senza suono, vincitore del Premio Campiello 2019, e di altre opere acclamate come Il demone a Beslane Il peso del legno, scrive un romanzo definitivo sul potere, a volte funesto, che abbiamo sugli altri e ci regala uno straordinario ritratto di un gruppo di persone, e forse di un Paese, che danzano sull’abisso.

venerdì 5 maggio · ore 21,00
breno · cinema teatro giardino · viale 28 aprile

dario
fabbri

quale nuovo ordine mondiale?
uno sguardo sul mondo che cambia

Modera Riccardo Venchiarutti

Il conflitto tra Russia e Ucraina esploso il 24 febbraio 2022 ha segnato una svolta storica nella politica internazionale, un sovvertimento che ridefinirà i nuovi equilibri mondiali. Per comprendere gli scenari post-conflitto, che si sommano a quelli post-pandemici, è fondamentale analizzare la guerra in corso e le cause che l’hanno innescata. Quale sarà il nuovo ordine mondiale? Quali saranno i rapporti tra le super potenze, ora come non mai in stato di agitazione nella politica estera così come in quella interna? Quanto sta avvenendo in Ucraina da oltre un anno è lo scenario che anticipa, drammaticamente, un prossimo conflitto in Taiwan, nella rottura del punto di equilibrio tra gli USA e la Cina? L'Europa riuscirà a ritagliarsi per sé un ruolo indipendente dalla politica degli Stati Uniti? E quali saranno i rapporti futuri tra la Russia e l'Occidente? Grazie a un attento sguardo sulla scacchiera di un mondo che sta cambiando in modo repentino, rifletteremo sulle cause dei conflitti in corso, sugli sviluppi attuali e, soprattutto, sugli scenari che si prospettano per il futuro del pianeta. Dario Fabbri è analista geopolitico e giornalista, direttore del mensile Domino, edito da Enrico Mentana, dedicato alle questioni internazionali. È stato docente presso il master in relazioni internazionali alla Iulm di Milano, e ha tenuto seminari di narrazione geopolitica alla Scuola Holden. È editorialista del quotidiano Domani, autore per Rai Radio 3 delle serie Imperi e della rubrica Nove Minuti, e per Chora Media della serie Stati di tensione dedicata ai principali duelli globali. Nel febbraio del 2022, all’indomani dell’invasione dell’Ucraina, ha raccontato quotidianamente la politica internazionale nella trasmissioni TV dell’emittente La7.

giovedì 11 maggio · ore 21,00
paspardo · centro polifunzionale · piazzale padre marcolini

alberto
rollo

il grande cielo.
educazione sentimentale di un escursionista

Modera marco archetti

Questa è la storia di un uomo di pianura e di metropoli che ha sempre guardato alla montagna per amor di valico, di salita, di cielo. È la storia di come quell’uomo ha sempre sentito il camminare “in salita” come un’avventura che, senza trasformarsi in “specialità sportiva”, ha nutrito l’immaginazione e il sentimento. È un’avventura: quella del “guardare in su”, della conquista del cielo a cui siamo appoggiati più di quanto non siamo appoggiati sulla terra; di come le forme ci accompagnano in quel moto ascensionale, di prato in roccia, di bosco in pietraia, di malga in solitudine. Quella firmata da Alberto Rollo nel volume Il grande cielo. Educazione sentimentale di un escursionista (Ponte alle Grazie) è una storia affettiva ed è allo stesso tempo la storia di come quell’uomo ha imparato a leggere la montagna, non solo attraverso l’apprendimento del cammino ma anche attraverso il filtro della pittura, della musica, della memoria locale, dei racconti orali. Che cosa sia un sentiero, lo si sa quando se ne perdono le tracce. Quell’uomo di pianura e di metropoli lo conosciamo bene, perché ci somiglia, e somiglia a quanti ci sono stati compagni in quelle avventure immersi nella natura. Alberto Rollo è scrittore, critico, traduttore e figura significativa dell’editoria italiana. Operatore culturale, grande appassionato di musica, è traduttore, fra gli altri, di Jonathan Coe, Steven Millhauser, Truman Capote, Henry James. Dopo volumi acclamati come Un’educazione milanese (finalista Premio Strega) e Il miglior tempo, firma un’opera dedicata alle montagne e a chi le popola.

martedì 23 maggio · ore 21,00
cedegolo · museo dell'energia idroelettrica di Valle Camonica · via roma, 48

donato
carrisi

La casa delle luci

Modera nicola h. cosentino

Nella grande casa spenta in cima alla collina, vive sempre sola una bambina…Si chiama Eva, ha dieci anni, e con lei ci sono soltanto una governante e una ragazza finlandese au pair, Maja Salo. Dei genitori nessuna traccia. È proprio Maja a cercare disperatamente l’aiuto di Pietro Gerber, il miglior ipnotista di Firenze, l’addormentatore di bambini.Da qualche tempo Eva non è più davvero sola. Con lei c’è un amichetto immaginario, senza nome e senza volto. E a causa di questa presenza, forse Eva è in pericolo. Ma la reputazione di Pietro Gerber è in rovina e, per certi versi, lo è lui stesso. Confuso e incerto sul proprio destino, Pietro accetta, pur con mille riserve, di confrontarsi con Eva. O meglio, con il suo amico immaginario. È in quel momento che si spalanca una porta invisibile davanti a lui. La voce del bambino perduto che parla attraverso Eva, quando lei è sotto ipnosi, non gli è sconosciuta. E, soprattutto, quella voce conosce Pietro. Conosce il suo passato, e sembra possedere una verità rimasta celata troppo a lungo su qualcosa che è avvenuto in una calda estate di quando lui era un bambino. Perché a undici anni Pietro Gerber è morto. E il misterioso fatto accaduto dopo la sua morte ancora lo tormenta. Acclamato scrittore e regista cinematografico, autore di titoli amatissimi come Io sono l’abisso, La casa senza ricordi, La ragazza nella nebbia e L’uomo del labirinto, con La casa delle luci (Longanesi) Donato Carrisi firma un best seller amato da migliaia di lettori, un viaggio oscuro nella psiche umana, nelle sue paure, nella voce sotterranea e insopprimibile del passato.

giovedì 13 luglio · ore 21,00
pisogne · parco comunale · via pieve, 19
in caso di maltempo: sala de lisi (via cavour)

igiaba
scego

cassandra a mogadiscio.
negli occhi di una ragazza

Il 31 dicembre 1990 una sedicenne si prepara per la sua prima festa di Capodanno: indossa un maglione preso alla Caritas, ha truccato in modo maldestro la sua pelle scura, ma immagina il nuovo anno carico di promesse. Mentre la televisione racconta della guerra civile scoppiata in Somalia, il Jirro scivola dentro il suo animo: Jirro è una delle molte parole somale che incontriamo in questo libro, è la malattia dello sradicamento, un male che abita tutti coloro che vivono una diaspora. Nata in Italia da genitori esuli durante la dittatura di Siad Barre, nel volume Cassandra a Mogadiscio (Bompiani) Igiaba Scego mescola la lingua italiana con le sonorità di quella somala per intessere queste pagine che sono al tempo stesso una lettera a una giovane nipote, un resoconto storico, un laboratorio alchemico nel quale la sofferenza si trasforma in speranza grazie al potere delle parole. Parole che uniscono ciò che la storia vorrebbe separare, in un racconto che ci svela quanto vicende lontane ci riguardino intimamente: il nonno paterno dell’autrice, interprete del generale Graziani durante gli anni infami dell’occupazione italiana; il padre, luminosa figura di diplomatico; la madre, inghiottita dalla guerra civile; le umiliazioni della vita da immigrati in Italia; la mancanza di una lingua comune per una grande famiglia sparsa tra i continenti; una malattia che giorno dopo giorno toglie luce agli occhi. Igiaba Scego è nata a Roma nel 1974, collabora con La Lettura Corriere della Sera e Internazionale e le sue opere sono tradotte in molte lingue, da La mia casa è dove sono (Premio Mondello), da La linea del colore (Premio Napoli). Moderna Cassandra, tra le pagine del suo nuovo libro depone l’amarezza per le ingiustizie e sceglie di fare della propria vista appannata una lente benevola sul mondo, scrivendo un grande libro sul nostro passato e il nostro presente, he celebra la fratellanza, la possibilità del perdono e della pace.

giovedì 8 giugno · ore 21,00
pian camuno · chiesa di santa maria della rotonda · via castellazzi, 25

nadia
terranova

Trema la notte

Modera Nadeesha Uyangoda

“C’è qualcosa di più forte del dolore, ed è l’abitudine”. Lo sa bene l’undicenne Nicola,che passa ogni notte in cantina, e sogna discappare da una madre vessatoria. Dall’altra parte del mare, Barbara, arrivata in treno a Messina per assistere all’Aida, progetta, contutta la ribellione dei suoi vent’anni, una fuga dal padre, che vuole farle sposare un uomo di cui non è innamorata. I loro desideri di libertà saranno esauditi, ma a un prezzo altissimo. La terra trema, e il mondo di Barbara e quello di Nicola si sbriciolano. Adesso che hanno perso tutto, entrambi rimpiangono la loro vecchia prigione. Adesso che sono soli, non possono che aggirarsi indifesi tra le rovine, in mezzo agli altri superstiti, finché il destino non li fa incontrare: per pochi istanti, ma così violenti che resteranno indelebili. In un modo primordiale, precosciente, i due saranno uniti per sempre. Nel suo nuovo romanzo Trema la notte (Einaudi), Nadia Terranova attinge alla storia dello Stretto di Messina, il luogo mitico della sua scrittura, per raccontarci di una ragazza e di un bambino cui una tragedia collettiva toglie tutto, eppure dona un'inattesa possibilità. Quella di erigere, sopra le macerie, un'esistenza magari sghemba, ma più somigliante all'idea di amore che hanno sempre immaginato. Perché mentre distrugge l'apocalisse rivela, e ci mostra nudo, umanissimo, il nostro bisogno di vita che continua a pulsare, ostinatamente. Nadia Terranova è tra le più amate scrittrici italiane, autrice di romanzi tradotti in tutto il mondo come Gli anni al contrario (Premio Bagutta Opera Prima) e Addio fantasmi (finalista Premio Strega), e di narrativa per ragazzi con titoli come Il segreto e Casca il mondo. Collabora con le pagine culturali della Repubblica e della Stampa. Tiene su Vanity Fair la rubrica settimanale “Sirene. Ritratti di donne contemporanee”, ed è curatrice di K, la rivista letteraria de Linkiesta.

venerdì 16 giugno · ore 21,00
angolo terme · teatro parrocchiale · Oratorio "G. tovini"

benedetta
tobagi

la resistenza delle donne

La storia delle donne italiane ha nella Resistenza e nell’esperienza della guerra partigiana uno dei suoi punti nodali, forse il più importante. Benedetta Tobagi la ricostruisce facendo ricorso a tutti i suoi talenti: quello di storica, di intellettuale civile, di scrittrice. La Resistenza delle donne (Einaudi) è prima di tutto un libro di storie, di tragedie, di speranze e rinascite, di vite. Da quella della «brava moglie» che decide di imbracciare le armi per affermare un’identità che vada oltre le etichette, alla ragazza che cerca il riscatto da un’esistenza di miseria e violenza, da chi nell’aiuto ai combattenti vive una sorta di inedita maternità, a chi nella guerra cerca vendetta e chi invece si sente impegnata in una «guerra alla guerra», dalle studentesse che si imbarcano in una grande avventura (inclusa un’inedita libertà nel vivere il proprio corpo e a volte persino il sesso), alle lavoratrici per cui la lotta al fascismo è la naturale prosecuzione della lotta di classe. Tobagi fa parlare le fotografie che ha incontrato negli archivi, rimettendo al loro posto le pagine strappate, o sminuite: le pagine che vedono protagoniste le donne. Un libro che possiede il rigore della ricostruzione storica, ma anche una straordinaria passione civile raccontata sullo sfondo dei problemi di oggi: qual è il ruolo delle donne, come affermare la propria identità in una società patriarcale, qual è l’intersezione tra libertà politiche, di classe e di genere, qual è il rapporto tra la scelta, o la necessità, di combattere e il desiderio di pace? Benedetta Tobagi è stata conduttrice radiofonica per la Rai e collabora con la Repubblica. È stata membro del consiglio di amministrazione della Rai. Si occupa di progetti didattici sulla storia del terrorismo. Tra i suoi volumi più amati, Come mi batte forte il tuo cuore. Storia di mio padre, Una stella incoronata di buio. Storia di una strage e Piazza Fontana. Il processo impossibile.

Rinviato a data da destinarsi
cividate camuno · anfiteatro romano · via mosè tovini, 1
in caso di maltempo: auditorium (via porta castello, 1)

giordano
bruno
guerri

d'annunzio.
la vita come opera d'arte

D’Annunzio giovane studente ribelle, poeta, romanziere. D’Annunzio libertino, amante, marito e padre. D’Annunzio soldato, guerriero, rivoluzionario. D’Annunzio politico, avventuriero, influencer ante litteram in un’Europa di un secolo fa. Ci sono tutti i profili del Vate nel volume D’Annunzio. La vita come opera d’arte (Rizzoli), firmato dal presidente del Vittoriale degli Italiani, un libro-dimora, la monumentale opera d’arte che così tanto somiglia alla vita del suo più celebre abitante. Giordano Bruno Guerri veste qui i panni della «vedova» del poeta: “Tecnicamente lo sono, come le mogli che – defunti i mariti scrittori – si sforzano di mantenerne vive memoria e opere. Ma se di solito le vedove sono tristi, io sono una vedova allegra, ho anche altre passioni. E poi, ora che lo conosco bene, posso scherzare con lui, giocarci, non cadere nelle trappole di cui ha disseminato la propria vita per depistare contemporanei e posteri, godendone. Io sono un mistero musicale con in bocca il sapore del mondo, disse”. In questo avvincente quanto inusuale racconto dell’esistenza del poeta, Guerri riesce a tratteggiare con la precisione dello storico e la scrittura del grande autore un ritratto sentimentale che conquista, convince, spiega. Con lo stesso spirito con cui dirige il Vittoriale, impegnato, come lui stesso dice, “nell’impresa di liberare d’Annunzio da pregiudizi che sembravano inestirpabili”. Una lectio avvincente tenuta da Giordano Bruno Guerri, che è stato direttore editoriale dell’Arnoldo Mondadori, di “Storia illustrata”, “Chorus” e “L’Indipendente”, oltre che autore e conduttore di trasmissioni televisive. Presidente della ondazione Il Vittoriale degli Italiani e del ForumTAL, Guerri ha firmato importanti volumi come Antistoria degli italiani. Da Romolo a Grillo, La mia vita carnale. Amori e passioni di Gabriele d’Annunzio e Disobbedisco. Cinquecento giorni di rivoluzione. Fiume 1919-1920.

venerdì 23 giugno · ore 21,00
bienno · chiesa di santa maria · via santa maria

luigi
serafini

in collaborazione con:

codex seraphinianus
il libro più strano del mondo, o quasi...

Luigi Serafini è artista, architetto, designer e autore di fama internazionale. Il suo Codex Seraphinianus è un oggetto di culto, omaggio al potere dell’immaginazione senza confini che dialoga con l’arte e il libro, apprezzato da intellettuali come Roland Barthes, Umberto Eco e Giorgio Manganelli. Il Codex è un’enciclopedia di un mondo fantastico, illustrato e scritto in un alfabeto indecifrabile, pubblicato per la prima volta in forma di libro da Franco Maria Ricci nel 1981 composto da 360 tavole, del quale Italo Calvino scriveva: “In principio fu il linguaggio. Nell'universo che Luigi Serafini abita e descrive, io credo che la parola scritta abbia preceduto le immagini: questa grafia corsiva minuziosa e agile e (dobbiamo ammetterlo) chiarissima, che sempre ci sentiamo a un pelo dal poter leggere e che pure ci sfugge in ogni sua parola e ogni sua lettera”. Un universo che, in un sorprendente incontro moderato da un comitato di bambini che attraverso le loro domande interagiranno con il Codex e la sua opera, incontra in un’unione magica la millenaria Valle dei Segni.

sabato 24 giugno · ore 21,00
darfo boario terme · cinema garden multivision · piazza medaglie d'oro, 2

dori
ghezzi

La memoria e l'oblio

in dialogo con Giordano Meacci e Francesca Serafini

“L’unico modo per dimenticare è ricordare”. Questo il consiglio di Freud. Ma. Che cos’è la memoria? Che cos’è l’oblio? Già solo rispondere a queste domande ci permetterebbe di capire molto di noi stessi; se solo fosse possibile. Anche perché a volte le domande non bastano. Ricordare serve a tenere vive le storie che siamo stati, anche se a volte abbiamo bisogno di dimenticarcelo. In un mondo che tende a rimuovere le tragedie collettive e a incagliarsi invece con insistenza sulle proprie recriminazioni private: forse si dovrebbe invece coltivare la memoria viva dei drammi che la storia stessa ha attraversato; e concedere l’oblio come un privilegio a chi si è assunto la responsabilità dei propri errori: e ha accettato di superarli di fronte alla comunità. Un dialogo su come si possa davvero conciliare l’obbligo rigoroso di memoria con la necessità umana della dimenticanza ci induce anche a riflettere sui limiti – fragili e umanissimi – che condizionano i nostri comportamenti. Quasi, forse, l’unica questione filosofica diventasse capire quando la dimenticanza cede alla colpa dell’omissione; e quanto il ricordo senza discernimento possa essere facilmente travisato attraverso la manipolazione colpevole. Che poi, si sa, valgono sempre le parole di Attilio Bertolucci a Pier Paolo Pasolini: “Soltanto ci sia dato, in un tempo incerto / di trapasso, ricordare, ricordare per noi / e per tutti, la pazienza degli anni / che i lampi dell’amore ferirono – e si spensero”.

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